mercoledì 12 settembre 2018

"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno"

"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno" con una frase di Gandalf il Grigio, ormai diventato il Bianco, si apre il post di oggi.
Parole che ci invitano ad osservare la realtà in maniera approfondita, in modo da non incorrere nel medesimo errore.
Per come la vedo io Tolkien stesso cerca di agire in questo modo, soppesando l'etica di ciascun personaggio da lui creato, in modo da non ridurre il tutto ad una banale distinzione tra bene e male. Amo quando gli scrittori compiono questo sforzo di immaginazione, e l'approfondimento della personalità di ogni personaggio è per me un parametro fondamentale nella valutazione dello spessore di un'opera.
Con questo non voglio dire che altri romanzi, con distinzioni più nette tra buoni e cattivi, abbiano meno valore. Ammetto che a volte è quasi rilassante sapere dal principio chi è il cattivo e sapere che il cattivo in questione non ha nessuna attenuante per il suo comportamento, così da poter scaricare tutta la mia rabbia su di lui, rallegrandomi quando viene sconfitto.
Tuttavia sarebbe bene ricordarsi che non è questa la realtà, che la complessità del nostro animo è una nostra caratteristica distintiva, e che forse proprio lei contribuisce a rendere noi esseri umani così speciali.
Per concludere voglio sottolineare come questa frase sia un altro esempio di come il fantasy, o più in generale il romanzo, riesca a portare con sé insegnamenti morali per nulla trascurabili e, anzi, oserei definirli fondamentali per la formazione non solo culturale, ma anche etica, di una persona.

sabato 8 settembre 2018

L'importanza del linguaggio ed i messaggi nascosti

Quando si legge un romanzo lungo come Il Signore Degli Anelli, è inevitabile perdersi nei dettagli e concentrarsi su piccoli frammenti del racconto come se fossero una cosa a sé stante.
Mi duole farlo, ma credo che un approfondimento sia dovuto, e consiglio a chi ancora non abbia ancora avuto l'occasione di leggerlo, di evitare questo post per non incorrere in spoiler.
Oggi, infatti, leggendo le mie pagine quotidiane, mi sono soffermato sul linguaggio, partendo da quello di Samvise Gamgee, il fedele accompagnatore di Frodo.
Tutta la narrazione si svolge attraverso uno stile particolare, che di fatto aiuta in maniera notevole ad immergersi nell'atmosfera epica del romanzo.
Non sono rari i termini inusitati ("allordunque" per esempio) ed anche le frasi vengono spesso costruite in modo insolito e ricercato ("infine" utilizzato in fondo alla frase anziché all'inizio).
Nel linguaggio già di per sé inconfondibile, quello di Sam, Hobbit giardiniere di umili origini, rappresenta un'ulteriore variazione.
Spesso infatti, questo fedele compagno del protagonista, conclude le sue affermazioni con espressioni come "se capite ciò che voglio dire" oppure "non so se mi spiego".
Dietro a queste parole, che potrebbero indicare l'insicurezza del personaggio in questione, si cela in realtà, o almeno così mi pare, un messaggio importante.
Sam, pur concludendo le sue frasi in questo modo, si esprime in maniera molto chiara e a volte persino elegante. Per come la vedo io, Tolkien, potrebbe aver voluto evidenziare volutamente l'intelligenza che si cela dietro la maschera di umiltà indossata da Sam. Questo messaggio contro la discriminazione non sarebbe l'unico nascosto dallo scrittore tra le righe dei suoi romanzi, basti pensare all'astio tra elfi e nani, che viene però "sconfitto" dalla grande amicizia nata tra Gimli e Legolas.

martedì 4 settembre 2018

Quando conviene rileggere un romanzo?


Siamo già al quinto giorno in compagnia di Tolkien ed i suoi simpatici Hobbit: per chi non avesse visto il post precedente, sto leggendo “Il Signore Degli Anelli”. Vi avevo promesso di parlare del dilemma che ho affrontato nel momento in cui ho scelto di rileggere un libro già letto in passato, quindi eccomi qua.
Fino a poco tempo fa, infatti, era per me impensabile riprendere in mano un romanzo di cui conoscevo già la trama. Avevo paura di annoiarmi a morte, ma il problema reale era la consapevolezza che sarei andato fino in fondo a quella noia, non esiste al mondo che io lasci una lettura a metà!
Ho superato questo blocco grazie ad un ragionamento che nulla aveva a che fare con i libri: un giorno, durante il tramonto della mia adolescenza, mi sono reso conto di come le mie idee fossero cambiate con gli anni, ero arrivato addirittura a ribaltare completamente il mio giudizio riguardo alcuni argomenti. Nonostante la mia inesperienza nella vita come nella lettura, ero ben cosciente di come i romanzi non fossero soltanto meravigliose storie per passare il tempo, spesso mi ero lasciato andare a considerazioni sulla morale e gli ideali dello scrittore, cercando indizi nei suoi libri. Unendo semplicemente queste due considerazioni, è stato immediato concludere che un libro, letto a qualche anno di distanza dalla prima volta, potesse assumere un significato totalmente differente.
Ho iniziato, per sicurezza, con un libro che adoravo: “Eragon” di Paolini, correndo il rischio di rovinarmi un ricordo. Fortunatamente la mia teoria ha trovato conferma e sono riuscito a penetrare molto più a fondo nel romanzo di quanto non avessi fatto la prima volta.
Nonostante questo passo avanti, raramente mi trovo a rileggere libri, per un semplice fatto: i libri che non ho ancora letto sono molti di più di quelli che ho già letto.
Questa volta, però, è stata una decisione particolarmente difficile, soprattutto a causa del mio rapporto complicato con il libro in questione. Io, grande appassionato di fantasy, per anni mi sono sentito ripetere sempre la solita frase da altri lettori: “Ma come? ami il fantasy e non hai mai letto Il Signore Degli Anelli”? quello è il Re dei fantasy!”. Alla fine l’ho letto, un po’ per curiosità, un po’ per farli smettere. Ho deciso di fare le cose in grande, sono partito dal Silmarillion e, prima di arrivare alla trilogia del Signore Degli Anelli, sono passato attraverso diversi romanzi, tra cui “Lo Hobbit”, così da immergermi al meglio nel mondo di Tolkien.
Questo lungo lavoro di avvicinamento, però, non ha pagato, anzi, se possibile mi ha rovinato il gusto della lettura finale. Pagine e pagine di “introduzione” in cui ho letto di dei, elfi, draghi ed eroi leggendari, per poi trovarmi come eroi dei romanzi più famosi degli Hobbit?? Piccole creature festose, il cui maggior talento è quello di godersi una buona cena?? il mio cuore non riusciva a tollerarlo, io volevo la grandiosità, l’opulenza, luccicanti armature d’argento, spade affilate, belve leggendarie!!!
Sia chiaro, sono andato fino in fondo! Il mio lato razionale ha dovuto riconoscere l’eccezionalità del lavoro di Tolkien: costruire un universo da zero, creare un mondo tutto suo nel quale poi collocare le sue storie, inserirvi popoli, lingue, un’interminabile lista di personaggi unici ed interessanti, l’atmosfera leggendaria. E poi, parliamoci chiaro, l’epicità è ben presente anche nel Signore Degli Anelli, inutile negarlo. Eppure la mia parte più passionale non è mai riuscita ad accettare che la parte da protagonista sia stata assegnata ad uno Hobbit, potrei tranquillamente affermare di essere GELOSO.
Malgrado il sentimento di gelosia che non si placa, devo dire che rileggere questo romando si sta rivelando, almeno per ora, una scelta vincente. Sto assaporando con più attenzione ogni dettaglio: i dialoghi, le descrizioni, le caratteristiche di ogni personaggio, l’odore di ogni luogo.
Certo, se avessi avuto nuovi libri da leggere probabilmente avrei scelto quelli, ma, non avendoli, credo di poter affermare di aver rimediato egregiamente.

domenica 2 settembre 2018

Il miglior modo per rimanere connessi

Dopo "Il destino del leone" ho iniziato a leggere "Il signore degli anelli", c'è davvero bisogno che io vi dica chi lo ha scritto? J.R.R. Tolkien.
L'avevo già letto in realtà, e scegliere di rileggerlo è una scelta che mi è costata non poche riflessioni, ma di questo parlerò in un altro post.

Oggi infatti Tolkien mi ha suggerito un'idea piuttosto importante, direi fondamentale per il mio blog.
Gli Hobbit, umili, talvolta pigri e senza dubbio simpatici personaggi ai quali lo scrittore ha deciso di affidare le chiavi dei suoi romanzi più importanti. Credo di potervi parlare liberamente di questa "razza" senza incorrere in spoiler inopportuni perché lo stesso Tolkien ce li descrive ancor prima di iniziare il suo romanzo.
Ve li riassumo con una semplice citazione "...Con una bocca fatta per ridere, bere e mangiare. Ed era proprio ciò che facevano: mangiavano, bevevano e ridevano con tutto il cuore...", io, dopo aver letto una descrizione del genere, ho provato il forte desiderio di trovarmi con loro a mangiare, bere e ridere, voi no?

Vi sto parlando di tutte queste cose perché inquadrano perfettamente l'atmosfera che vorrei creare all'interno di questo blog. Uno spazio in cui discutere liberamente e con serenità, di una grande varietà di argomenti tratti dalla letteratura. Un giorno ci si potrebbe riunire per discutere di politica, ed il giorno dopo si potrebbe parlare di come immaginiamo un'accogliente taverna medievale.

Per riuscirci, però, ho bisogno del vostro fondamentale aiuto. Senza la partecipazione attiva dei lettori un'atmosfera simile non sarebbe possibile. Ho creato varie opzioni per mantenervi aggiornati sui post che pubblico in modo da avere sempre tanti dialoghi:

1) Potete scrivermi liberamente alla mia mail diecipaginealgiorno@gmail.it.

2) Potete lasciare la vostra mail nello spazio apposito che trovare alla destra di ogni mio post sotto la voce "Follow by Email", in questo modo io potrò avvisarvi ogni volta che un nuovo post viene pubblicato.

3) Potete seguirmi su Twitter alla pagina SettePagineAlGiorno, dove non troverete soltanto i post del blog, ma anche molti altri spunti di riflessione.

Lieto di avervi con me dunque, a presto!

giovedì 30 agosto 2018

RECENSIONE: Il destino del leone, di Wilbur Smith

Inizia finalmente questa rubrica sulle recensioni atipiche.
"Il destino del leone" l'ho finito ieri, ma mi piace lasciare passare un po' di tempo prima di esprimere i miei commenti sul romanzo, in modo da assaporare meglio il sapore che mi ha lasciato (amo fare la stessa cosa anche con il caffè!).

Fortunatamente, il triste commiato con i personaggi della storia che accompagna ogni fine lettura, mi è stato addolcito dalla scoperta che questo libro è in realtà soltanto uno dei tredici che compongono il "ciclo dei Courteney", per la precisione si tratta del sesto libro se si segue l'ordine cronologico della storia, quindi è stato solo un arrivederci! Lo so, avrei dovuto controllare prima di leggerlo, ma in fondo l'errore non è stato grave, la storia si sviluppa in maniera indipendente, ed il fatto di leggerlo in disordine non me ne ha rovinato il piacere.

Ma parliamo finalmente del romanzo!
Smith non è certo il tipo che si lascia trasportare da noiose introduzioni come ho appena fatto io, lui ci getta quasi con impazienza nello scorrere della storia, che si sviluppa con la forza di un fiume in piena. Raramente l'autore ci consente di aggrapparci ad un sasso per prendere fiato e guardarci intorno, giusto il tempo per una breve descrizione, una transizione temporale, o una riflessione indispensabile. Ma poi, inesorabilmente, ci ributta in acqua, e torna a non farci respirare per diversi minuti (o anche ore se abbiamo abbastanza tempo). 

Come vi ho già detto, non voglio rischiare di fare spiacevoli spoiler, quindi per quanto riguarda la trama mi limito a cercare di presentarvi i temi e lo stile del romanzo, così che possiate decidere se la lettura è adatta a voi senza incappare in brutte sorprese.

La linea guida, come detto, è l'azione, che però si declina in varie forme: caccia, risse, piccole guerriglie, viaggi interminabili, bevute, lavoro duro, amore e molto altro. L'intensità delle vite dei personaggi consente, però, anche diverse divagazioni sulle emozioni, così l'aspetto interiore e spirituale non viene di certo trascurato. La personalità dei protagonisti assume un carattere quasi tridimensionale, caratteristica rara e molto apprezzabile.

L'abilità di Smith nel descrivere un'epoca lontana è ammirevole, così come la sua cura per i dettagli.
Personalmente, una delle cose che ho apprezzato di più, sono stati i dialoghi: molto vari, si possono trovare semplici scambi di battute così come lunghi monologhi riflessivi. Spesso mi sono ritrovato a sorridere davanti al libro e a soffrire insieme ai personaggi in maniera quasi fisica.

Io amo la varietà in tutti gli aspetti della vita, questo libro ne è ricco sotto ogni punto di vista, consigliatissimo!

martedì 28 agosto 2018

Recensioni atipiche

Oggi, viaggiando in treno, ho avuto l'occasione di leggere molto, arrivando quasi a finire "Il destino del leone" di Smith, così mi sono chiesto: perché non recensire i libri che leggo?
In fondo le recensioni sono uno dei principali argomenti per chi, come me, possiede un blog sul mondo dei libri.
La risposta alla mia domanda, in realtà, è arrivata fulminea: IO LE RECENSIONI LE DETESTO!

E' vero, le detesto, e per varie ragioni.
La prima è che, in generale, io non sopporto la critica dell'arte. Non riesco a concepire che un'élite di persone possa determinare il successo o l'insuccesso di una qualsiasi opera. L'arte, che tanto bene si sposa con la cultura, dovrebbe garantire una maggiore libertà di pensiero.
La seconda ragione si lega ad un discorso ancor più ampio, se possibile. Siamo diventati tutti un po' troppo bravi a notare i difetti, i problemi, le mancanze, non solo nelle cose, ma anche nelle persone. Si potrebbe dire che questo atteggiamento sia costruttivo, figlio di una voglia incessante di miglioramento, di aspirazione alla perfezione. A ben vedere, però, raramente nei discorsi quotidiani una critica si accompagna ad una soluzione.

E allora proviamo a ricordarci come si fa un complimento, cerchiamo di sintonizzare le nostre antenne sulle frequenze delle cose ben riuscite, lasciamo che un tramonto ci emozioni anche se una mosca fastidiosa ci ronza intorno per rovinarci il momento!

Da qui nasce la mia voglia di proporre delle recensioni atipiche, cariche di positivismo, anche un po' cieche ed ingenue se vogliamo.
E se proprio qualche passaggio del libro in questione mi avrà fatto storcere il naso, proverò a chiedermi cosa abbia portato l'autore a creare quella parte, o se, molto semplicemente, non si sia mai reso conto che quelle pagine potessero risultare fastidiose.

Un'ultima cosa! Le recensioni saranno il più possibile prive di spoiler, per consentire la lettura anche a chi non ha ancora avuto il piacere di assaporare il romanzo interessato.

domenica 26 agosto 2018

La lettura come rifugio.

Oggi giornata difficile, ho combattuto con febbre ed influenza. Di solito preferisco mettermi al caldo e lasciare che la febbre si sfoghi, senza prendere farmaci (nel limite del possibile). Per cercare di accelerare la guarigione ho limitato al minimo gli sforzi, soprattutto per quanto riguarda gli occhi, facendo eccezione soltanto per leggere qualche pagina e per scrivere questo post.

La lettura, in fondo, è sempre stata un rifugio per me. Ho iniziato quando ero molto piccolo, durante i freddi autunni. A fine giornata mi sdraiavo sul divano e leggevo sgranocchiando una mela, rigorosamente verde e più acerba possibile.
Era l'unico momento della giornata in cui smettevo di pensare all'altra grande passione della mia infanzia: il calcio.
Mi piaceva fare finta che la casa fosse un fortino inespugnabile in grado di difendermi dai pericoli del mondo fuori, dove buio e freddo facevano da padroni.

Poi, crescendo, le responsabilità aumentano e le sfide diventano più complicate (o forse siamo noi a vederle tali). Così, quando non erano più buio e freddo a minacciare la mia serenità, la lettura ha continuato a ricoprire il suo ruolo di rifugio.

Durante l'adolescenza sono passato al fantasy: Il ciclo dell'eredità, Artemis Fowl, Harry Potter e tanto altro. Era sufficiente tuffarmi in quei mondi così lontani dal mio per dimenticare i problemi ed i dubbi.

Ora, fortunatamente, ho ampliato i miei orizzonti letterari, e ho letto più o meno ogni genere. Nonostante questo, non smetterò mai di combattere una battaglia di argomentazioni contro chi sostiene che il fantasy sia un genere per ragazzini, e, cosa più importante, continuo a considerare la lettura un rifugio sicuro all'interno di una vita sempre più movimentata.

venerdì 24 agosto 2018

Un salto nel passato.

Oggi durante la lettura de "Il destino del leone" di Smith, hanno attirato la mia attenzione i piccoli dettagli che consentono di determinare il periodo storico nel quale si svolge il racconto. Da amante del fantasy medievale sono ben consapevole di quanto questi dettagli facciano la differenza nel creare l'atmosfera.

Così mi sono chiesto: "che caratteristiche sono richieste ad uno scrittore per poter caratterizzare così bene il periodo della narrazione?". Ne ho individuate due che, a mio modo di vedere, sono le più importanti: ecletticità ed elasticità mentale.

La prima è necessaria perché non basta conoscere alla perfezione le vicende storiche in questione. E' importante approfondire tantissime branche differenti: cosa si mangiava all'epoca? cosa si beveva? quali erano i passatempi? a che livello si trovava lo sviluppo tecnologico? che leggi erano in vigore?
La risposta a queste domande non è facile da trovare, e richiede un grande lavoro di ricerca.

La seconda è fondamentale per imparare a ragionare in modo diverso da quello quotidiano. L'autore deve abituarsi a pensare come un suo personaggio, immergendosi nel contesto storico e sociale nel quale ha ambientato il proprio romanzo.

giovedì 23 agosto 2018

Apnea letteraria.

Oggi fortunatamente ho potuto leggere molto, e il ritmo del libro è aumentato, trascinandomi con sé.

Il romanzo è sempre "Il destino del leone" di Smith.

Come spesso mi accade, dopo diverse pagine lette, nel momento in cui mi accingevo a chiudere il libro lasciando il segno, mi sono reso conto di aver trattenuto il fiato.
Sono entrato in quella che mi piace chiamare "apnea letteraria".
Una sorta di stato di trance in cui i bisogni fisiologici si annullano, e si vive per la lettura.

Certo, sarebbe meglio avere un buon controllo del respiro ed essere capaci a mantenere la calma.
Allo stesso tempo però, questo genere di tensione aiuta a misurare l'intensità con la quale stiamo vivendo quel particolare momento.

È incredibile come un racconto così distante da noi sia a livello temporale che a livello di spazio, possa farci mettere in pausa la nostra realtà, fino al punto di interrompere il respiro.

mercoledì 22 agosto 2018

Pillole di Smith.

La giornata di ieri, purtroppo, non mi ha concesso un attimo di respiro. Ho avuto tempo di leggere le mie sette pagine, ma non di scrivere qua sul blog.

Oggi, quasi a volermi rimproverare in maniera benevola, il libro che sto leggendo mi ha fornito due di quei passaggi che sembrano fatti apposta per ricordare al lettore quanto possa essere meravigliosa la letteratura.
Il romanzo è sempre "Il destino del leone" e ho deciso di riportarvi i due passaggi perché, se letti isolati, non portano nessun tipo di SPOILER.

"Piena come una vela nell'uragano, turgida, dura e salda, tesa fino al limite,finché esplose, andò a brandelli nel vento e scomparve. Scomparve tutto. il vento e la vela, la tensione e il desiderio, tutto. Rimase solo il grande nulla che è la pace." 
In queste righe si può leggere una descrizione dell'apoteosi dell'atto d'amore così vera, che potrebbe essere stata scritta durante l'atto stesso.

"Non era graziosa, aveva il volto troppo largo e piatto, ma aveva quella pelle eccezionale che troppo di rado si accompagna con i capelli rossi: di una purezza lattea e totalmente priva di lentiggini."
In 34 parole una dimostrazione inconfutabile di quanto a fondo Smith abbia osservato il mondo prima di poter creare opere di questo livello.

Continuo a rileggere queste frasi, e poi fisso il nulla con sguardo trasognato. Se sapranno rubarvi lo stesso tempo che hanno rubato a me, non è necessario che io aggiunga nulla per oggi.

"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno"

"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno" con una frase di Gandalf il Grigio, ormai diventato il Bianco, si ap...