giovedì 30 agosto 2018

RECENSIONE: Il destino del leone, di Wilbur Smith

Inizia finalmente questa rubrica sulle recensioni atipiche.
"Il destino del leone" l'ho finito ieri, ma mi piace lasciare passare un po' di tempo prima di esprimere i miei commenti sul romanzo, in modo da assaporare meglio il sapore che mi ha lasciato (amo fare la stessa cosa anche con il caffè!).

Fortunatamente, il triste commiato con i personaggi della storia che accompagna ogni fine lettura, mi è stato addolcito dalla scoperta che questo libro è in realtà soltanto uno dei tredici che compongono il "ciclo dei Courteney", per la precisione si tratta del sesto libro se si segue l'ordine cronologico della storia, quindi è stato solo un arrivederci! Lo so, avrei dovuto controllare prima di leggerlo, ma in fondo l'errore non è stato grave, la storia si sviluppa in maniera indipendente, ed il fatto di leggerlo in disordine non me ne ha rovinato il piacere.

Ma parliamo finalmente del romanzo!
Smith non è certo il tipo che si lascia trasportare da noiose introduzioni come ho appena fatto io, lui ci getta quasi con impazienza nello scorrere della storia, che si sviluppa con la forza di un fiume in piena. Raramente l'autore ci consente di aggrapparci ad un sasso per prendere fiato e guardarci intorno, giusto il tempo per una breve descrizione, una transizione temporale, o una riflessione indispensabile. Ma poi, inesorabilmente, ci ributta in acqua, e torna a non farci respirare per diversi minuti (o anche ore se abbiamo abbastanza tempo). 

Come vi ho già detto, non voglio rischiare di fare spiacevoli spoiler, quindi per quanto riguarda la trama mi limito a cercare di presentarvi i temi e lo stile del romanzo, così che possiate decidere se la lettura è adatta a voi senza incappare in brutte sorprese.

La linea guida, come detto, è l'azione, che però si declina in varie forme: caccia, risse, piccole guerriglie, viaggi interminabili, bevute, lavoro duro, amore e molto altro. L'intensità delle vite dei personaggi consente, però, anche diverse divagazioni sulle emozioni, così l'aspetto interiore e spirituale non viene di certo trascurato. La personalità dei protagonisti assume un carattere quasi tridimensionale, caratteristica rara e molto apprezzabile.

L'abilità di Smith nel descrivere un'epoca lontana è ammirevole, così come la sua cura per i dettagli.
Personalmente, una delle cose che ho apprezzato di più, sono stati i dialoghi: molto vari, si possono trovare semplici scambi di battute così come lunghi monologhi riflessivi. Spesso mi sono ritrovato a sorridere davanti al libro e a soffrire insieme ai personaggi in maniera quasi fisica.

Io amo la varietà in tutti gli aspetti della vita, questo libro ne è ricco sotto ogni punto di vista, consigliatissimo!

Nessun commento:

Posta un commento

"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno"

"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno" con una frase di Gandalf il Grigio, ormai diventato il Bianco, si ap...