"A occhi storti il volto della verità può apparire un ghigno" con una frase di Gandalf il Grigio, ormai diventato il Bianco, si apre il post di oggi.
Parole che ci invitano ad osservare la realtà in maniera approfondita, in modo da non incorrere nel medesimo errore.
Per come la vedo io Tolkien stesso cerca di agire in questo modo, soppesando l'etica di ciascun personaggio da lui creato, in modo da non ridurre il tutto ad una banale distinzione tra bene e male. Amo quando gli scrittori compiono questo sforzo di immaginazione, e l'approfondimento della personalità di ogni personaggio è per me un parametro fondamentale nella valutazione dello spessore di un'opera.
Con questo non voglio dire che altri romanzi, con distinzioni più nette tra buoni e cattivi, abbiano meno valore. Ammetto che a volte è quasi rilassante sapere dal principio chi è il cattivo e sapere che il cattivo in questione non ha nessuna attenuante per il suo comportamento, così da poter scaricare tutta la mia rabbia su di lui, rallegrandomi quando viene sconfitto.
Tuttavia sarebbe bene ricordarsi che non è questa la realtà, che la complessità del nostro animo è una nostra caratteristica distintiva, e che forse proprio lei contribuisce a rendere noi esseri umani così speciali.
Per concludere voglio sottolineare come questa frase sia un altro esempio di come il fantasy, o più in generale il romanzo, riesca a portare con sé insegnamenti morali per nulla trascurabili e, anzi, oserei definirli fondamentali per la formazione non solo culturale, ma anche etica, di una persona.
Sono un semplice universitario di 22 anni, al quale gli studi scientifici non hanno saputo togliere la passione per la letteratura e credo di aver trovato il posto giusto per condividerla. L’idea è quella di parlare delle mie “7 pagine”, la mia dose minima di lettura giornaliera, descrivendo le sensazioni evocate da ciò che leggo e da ciò che mi circonda, proponendo riflessioni e punti di partenza per confronti non per forza legati alla letteratura.
mercoledì 12 settembre 2018
sabato 8 settembre 2018
L'importanza del linguaggio ed i messaggi nascosti
Quando si legge un romanzo lungo come Il Signore Degli Anelli, è inevitabile perdersi nei dettagli e concentrarsi su piccoli frammenti del racconto come se fossero una cosa a sé stante.
Mi duole farlo, ma credo che un approfondimento sia dovuto, e consiglio a chi ancora non abbia ancora avuto l'occasione di leggerlo, di evitare questo post per non incorrere in spoiler.
Oggi, infatti, leggendo le mie pagine quotidiane, mi sono soffermato sul linguaggio, partendo da quello di Samvise Gamgee, il fedele accompagnatore di Frodo.
Tutta la narrazione si svolge attraverso uno stile particolare, che di fatto aiuta in maniera notevole ad immergersi nell'atmosfera epica del romanzo.
Non sono rari i termini inusitati ("allordunque" per esempio) ed anche le frasi vengono spesso costruite in modo insolito e ricercato ("infine" utilizzato in fondo alla frase anziché all'inizio).
Nel linguaggio già di per sé inconfondibile, quello di Sam, Hobbit giardiniere di umili origini, rappresenta un'ulteriore variazione.
Spesso infatti, questo fedele compagno del protagonista, conclude le sue affermazioni con espressioni come "se capite ciò che voglio dire" oppure "non so se mi spiego".
Dietro a queste parole, che potrebbero indicare l'insicurezza del personaggio in questione, si cela in realtà, o almeno così mi pare, un messaggio importante.
Sam, pur concludendo le sue frasi in questo modo, si esprime in maniera molto chiara e a volte persino elegante. Per come la vedo io, Tolkien, potrebbe aver voluto evidenziare volutamente l'intelligenza che si cela dietro la maschera di umiltà indossata da Sam. Questo messaggio contro la discriminazione non sarebbe l'unico nascosto dallo scrittore tra le righe dei suoi romanzi, basti pensare all'astio tra elfi e nani, che viene però "sconfitto" dalla grande amicizia nata tra Gimli e Legolas.
Mi duole farlo, ma credo che un approfondimento sia dovuto, e consiglio a chi ancora non abbia ancora avuto l'occasione di leggerlo, di evitare questo post per non incorrere in spoiler.
Oggi, infatti, leggendo le mie pagine quotidiane, mi sono soffermato sul linguaggio, partendo da quello di Samvise Gamgee, il fedele accompagnatore di Frodo.
Tutta la narrazione si svolge attraverso uno stile particolare, che di fatto aiuta in maniera notevole ad immergersi nell'atmosfera epica del romanzo.
Non sono rari i termini inusitati ("allordunque" per esempio) ed anche le frasi vengono spesso costruite in modo insolito e ricercato ("infine" utilizzato in fondo alla frase anziché all'inizio).
Nel linguaggio già di per sé inconfondibile, quello di Sam, Hobbit giardiniere di umili origini, rappresenta un'ulteriore variazione.
Spesso infatti, questo fedele compagno del protagonista, conclude le sue affermazioni con espressioni come "se capite ciò che voglio dire" oppure "non so se mi spiego".
Dietro a queste parole, che potrebbero indicare l'insicurezza del personaggio in questione, si cela in realtà, o almeno così mi pare, un messaggio importante.
Sam, pur concludendo le sue frasi in questo modo, si esprime in maniera molto chiara e a volte persino elegante. Per come la vedo io, Tolkien, potrebbe aver voluto evidenziare volutamente l'intelligenza che si cela dietro la maschera di umiltà indossata da Sam. Questo messaggio contro la discriminazione non sarebbe l'unico nascosto dallo scrittore tra le righe dei suoi romanzi, basti pensare all'astio tra elfi e nani, che viene però "sconfitto" dalla grande amicizia nata tra Gimli e Legolas.
martedì 4 settembre 2018
Quando conviene rileggere un romanzo?
Siamo già al quinto
giorno in compagnia di Tolkien ed i suoi simpatici Hobbit: per chi non avesse
visto il post precedente, sto leggendo “Il Signore Degli Anelli”. Vi avevo
promesso di parlare del dilemma che ho affrontato nel momento in cui ho scelto
di rileggere un libro già letto in passato, quindi eccomi qua.
Fino a poco tempo fa,
infatti, era per me impensabile riprendere in mano un romanzo di cui conoscevo
già la trama. Avevo paura di annoiarmi a morte, ma il problema reale era la
consapevolezza che sarei andato fino in fondo a quella noia, non esiste al
mondo che io lasci una lettura a metà!
Ho superato questo blocco
grazie ad un ragionamento che nulla aveva a che fare con i libri: un giorno,
durante il tramonto della mia adolescenza, mi sono reso conto di come le mie
idee fossero cambiate con gli anni, ero arrivato addirittura a ribaltare
completamente il mio giudizio riguardo alcuni argomenti. Nonostante la mia
inesperienza nella vita come nella lettura, ero ben cosciente di come i romanzi
non fossero soltanto meravigliose storie per passare il tempo, spesso mi ero
lasciato andare a considerazioni sulla morale e gli ideali dello scrittore,
cercando indizi nei suoi libri. Unendo semplicemente queste due considerazioni,
è stato immediato concludere che un libro, letto a qualche anno di distanza
dalla prima volta, potesse assumere un significato totalmente differente.
Ho iniziato, per
sicurezza, con un libro che adoravo: “Eragon” di Paolini, correndo il rischio
di rovinarmi un ricordo. Fortunatamente la mia teoria ha trovato conferma e
sono riuscito a penetrare molto più a fondo nel romanzo di quanto non avessi
fatto la prima volta.
Nonostante questo passo
avanti, raramente mi trovo a rileggere libri, per un semplice fatto: i libri
che non ho ancora letto sono molti di più di quelli che ho già letto.
Questa volta, però, è
stata una decisione particolarmente difficile, soprattutto a causa del mio
rapporto complicato con il libro in questione. Io, grande appassionato di
fantasy, per anni mi sono sentito ripetere sempre la solita frase da altri
lettori: “Ma come? ami il fantasy e non hai mai letto Il Signore Degli Anelli”?
quello è il Re dei fantasy!”. Alla fine l’ho letto, un po’ per curiosità, un
po’ per farli smettere. Ho deciso di fare le cose in grande, sono partito dal
Silmarillion e, prima di arrivare alla trilogia del Signore Degli Anelli, sono
passato attraverso diversi romanzi, tra cui “Lo Hobbit”, così da immergermi al
meglio nel mondo di Tolkien.
Questo lungo lavoro di
avvicinamento, però, non ha pagato, anzi, se possibile mi ha rovinato il gusto
della lettura finale. Pagine e pagine di “introduzione” in cui ho letto di dei,
elfi, draghi ed eroi leggendari, per poi trovarmi come eroi dei romanzi più
famosi degli Hobbit?? Piccole creature festose, il cui maggior talento è quello
di godersi una buona cena?? il mio cuore non riusciva a tollerarlo, io volevo
la grandiosità, l’opulenza, luccicanti armature d’argento, spade affilate,
belve leggendarie!!!
Sia chiaro, sono andato
fino in fondo! Il mio lato razionale ha dovuto riconoscere l’eccezionalità del
lavoro di Tolkien: costruire un universo da zero, creare un mondo tutto suo nel
quale poi collocare le sue storie, inserirvi popoli, lingue, un’interminabile
lista di personaggi unici ed interessanti, l’atmosfera leggendaria. E poi,
parliamoci chiaro, l’epicità è ben presente anche nel Signore Degli Anelli,
inutile negarlo. Eppure la mia parte più passionale non è mai riuscita ad
accettare che la parte da protagonista sia stata assegnata ad uno Hobbit, potrei
tranquillamente affermare di essere GELOSO.
Malgrado il sentimento di
gelosia che non si placa, devo dire che rileggere questo romando si sta
rivelando, almeno per ora, una scelta vincente. Sto assaporando con più
attenzione ogni dettaglio: i dialoghi, le descrizioni, le caratteristiche di
ogni personaggio, l’odore di ogni luogo.
Certo, se avessi avuto
nuovi libri da leggere probabilmente avrei scelto quelli, ma, non avendoli,
credo di poter affermare di aver rimediato egregiamente.
domenica 2 settembre 2018
Il miglior modo per rimanere connessi
Dopo "Il destino del leone" ho iniziato a leggere "Il signore degli anelli", c'è davvero bisogno che io vi dica chi lo ha scritto? J.R.R. Tolkien.
L'avevo già letto in realtà, e scegliere di rileggerlo è una scelta che mi è costata non poche riflessioni, ma di questo parlerò in un altro post.
Oggi infatti Tolkien mi ha suggerito un'idea piuttosto importante, direi fondamentale per il mio blog.
Gli Hobbit, umili, talvolta pigri e senza dubbio simpatici personaggi ai quali lo scrittore ha deciso di affidare le chiavi dei suoi romanzi più importanti. Credo di potervi parlare liberamente di questa "razza" senza incorrere in spoiler inopportuni perché lo stesso Tolkien ce li descrive ancor prima di iniziare il suo romanzo.
Ve li riassumo con una semplice citazione "...Con una bocca fatta per ridere, bere e mangiare. Ed era proprio ciò che facevano: mangiavano, bevevano e ridevano con tutto il cuore...", io, dopo aver letto una descrizione del genere, ho provato il forte desiderio di trovarmi con loro a mangiare, bere e ridere, voi no?
Vi sto parlando di tutte queste cose perché inquadrano perfettamente l'atmosfera che vorrei creare all'interno di questo blog. Uno spazio in cui discutere liberamente e con serenità, di una grande varietà di argomenti tratti dalla letteratura. Un giorno ci si potrebbe riunire per discutere di politica, ed il giorno dopo si potrebbe parlare di come immaginiamo un'accogliente taverna medievale.
Per riuscirci, però, ho bisogno del vostro fondamentale aiuto. Senza la partecipazione attiva dei lettori un'atmosfera simile non sarebbe possibile. Ho creato varie opzioni per mantenervi aggiornati sui post che pubblico in modo da avere sempre tanti dialoghi:
1) Potete scrivermi liberamente alla mia mail diecipaginealgiorno@gmail.it.
2) Potete lasciare la vostra mail nello spazio apposito che trovare alla destra di ogni mio post sotto la voce "Follow by Email", in questo modo io potrò avvisarvi ogni volta che un nuovo post viene pubblicato.
3) Potete seguirmi su Twitter alla pagina SettePagineAlGiorno, dove non troverete soltanto i post del blog, ma anche molti altri spunti di riflessione.
Lieto di avervi con me dunque, a presto!
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